Metti il Mediterraneo a tavola, una condivisione culturale

link gastronomici tra Basilicata, Etiopia ed Eritrea


Quando sei seduto di fronte a due grandi occhi e condividi con essi una tavola, indipendentemente dal colore della pelle che ospita quegli occhi, non puoi fare a meno di guardare un riflesso dei tuoi. Le stesse paure e le stesse speranze, la stessa necessità di nutrirsi e di nutrire: la stessa umanità. Ancor di più se la tavola appartiene alla millenaria storia del Mediterraneo, ai suoi alimenti e tecniche che, attraversando il Mare Nostrum, si sono evoluti e trasformati in quella che viene oggi definita Dieta Mediterranea. La conferma l'ho avuta con l'entusiasmo, l'arricchimento culturale e la capacità di giocare "insieme" la partita dell'integrazione "Metti il Mediterraneo a tavola, link gastronomici tra Basilicata, Etiopia ed Eritrea". Abbiamo vinto e venerdì 17 novembre 2017, presso la sala Multiservice Sud (ex Convivio, vicino il CNR), contrada S. Loya di Tito Scalo, potrai sedere anche tu a questo tavolo dalle 17:30 fino a tarda sera. I giocatori sono il blog FoodFileBasilicata, l'associazione di tutela dei diritti degli anziani ADA, la cooperativa Multiservice Sud e l'associazione di promozione artistica Art&venti2012.





I "giocatori" di Metti il Mediterraneo a tavola

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melanzana rossa di Rotonda

La prima mossa da fare è "far illuminare" e linkare gli elementi in comune tra le tante, diverse e pur simili, tavole che formano la circonferenza gastronomica del Mediterraneo. Per esempio, qui in Basilicata, abbiamo una DOP importata sul Pollino nel XX secolo a seguito degli spostamenti dei reduci delle guerre coloniali in Etiopia: la Solanum aethiopicum ovvero la melanzana rossa di Rotonda. E se questo è un link che appartiene al passato, eccone uno che collega la Basilicata col presente: il teff , il più piccolo tra i cereali che cresce solo in Etiopia ed Eritrea. Coltivato e consumato come cibo, il teff  in Occidente è ancora semisconosciuto, solo la Spagna si è garantita una parte di produzione. Questo cereale ha un brillante futuro di mercato, sia per l'alto valore nutraceutico sia come sostituto delle farine di grano, causa delle intolleranze. Sorpresa: a Palazzo San Gervasio c'è l'azienda agricola sperimentale di Angelo Lacivita che produce proprio teff! Dopo l'Eritrea e la Spagna, solo a Palazzo San Gervasio ci sono gli "specialisti" di questo cereale.

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Angelo Lacivita nel campo di teff a Palazzo San Gervasio
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teff

Dunque, ricapitolando: i due link sono la melanzana di Rotonda e il teff, ora bisogna far incontrare i popoli portatori delle due colture e culture, apparentemente lontane, ma in realtà con passato e presente comune. L'ADA, associazione di tutela dei diritti degli anziani, si occupa maggiormente di formazione: quale formazione migliore di conoscere una cultura nuova, nomi di piatti e tecniche culinarie diverse? Lucia, Gina, Concetta e Maria, capeggiate dallo chef  Rocco Catalano, formano la squadra dei fornelli. La seconda mossa è fatta.
E ora tocca trovare delle maestre eritrei o etiopi, due nazioni del Corno d'Africa molto simili, per lungo tempo nemici a causa della guerra d'indipendenza dell'Eritrea dall'Etiopia, ottenuta nel 1991.
Arriva l'ultimo asso: la Multiservice Sud, che si occupa del servizio mense e di accoglienza, offre il suo sostegno non solo nella fornitura di mezzi e luoghi, ma soprattutto fa nascere una collaborazione con tre richiedenti asilo d'origine eritrea, le cuoche perfette per "Metti il Mediterraneo a tavola". Ora non resta che "visualizzare" la ricchezza e le lontane vicinanze del Mediterraneo: l'associazione Art&venti2012 si offre di allestire una mostra di "Cartoline dal Mediterraneo"... Poker d'assi!

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semi di teff


Metti il Mediterraneo a tavola, lavori in corso


Finalmente conosciamo  Yergalen, TsighanaFekadu. Tre giovani donne tra i 18 e i 23 anni, con un sorriso solare come l'Africa, due occhi grandi e neri. Profondi, abissali come il viaggio che hanno dovuto affrontare per arrivare in Italia. Da cosa scappano? A questa domanda abbassano lo sguardo fiero, accennano una smorfia di terrore con le carnose labbra e piegano la testa. D'improvviso tutto quel sole si rabbuia e ritornano gli abissi di quegli occhi.

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da sinistra a destra: Tiziana, Tsighana, Fedaku, Yergalen

Molto probabilmente fuggono dal servizio militare obbligatorio, una delle maggiori cause che spinge i giovani dai 16 anni poi a lasciare l'Eritrea. La leva obbligatoria per uomini e donne, infatti, dopo la fine della guerra con l'Etiopia, si è trasformata in una forma legalizzata di lavori forzati e violenze operate sul popolo. Formalmente dovrebbe durare solo 18 mesi ma in realtà dura molto di più fino a decenni  o a tempo indeterminato, chi si rifiuta viene condannato come disertore e va incontro a pene severissime.

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Tsighana


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Fedaku

Yergalen, Tsighana e Fekadu fanno amicizia con tutte le "zie" dell'ADA e, nonostante l'ostacolo linguistico (Tsighana e Fekadu parlano solo tigrino) e grazie all'amabile pazienza di Tiziana Notargiacomo, mediatrice culturale Multiservice, si trova subito un codice comune: quando si comincia a maneggiare il cibo sembra che tutti parlino la stessa lingua. L'intera squadra è pronta
per frequentare un corso base di HACCP, ovvero un protocollo di regole e procedure per evitare il rischio di possibili contaminazioni degli alimenti. Grande curiosità da parte delle "maestre" eritree nel venire a conoscenza che qui ci sono dei protocolli per cucinare! La sorpresa è ancora più grande quando la "prof", la tecnologa Multiservice, Maria Giovanna Colangelo, consegna le  dispense e firmano l'attestato: ora potrebbero chiedere lavoro in qualche bar... non si sa mai.
Ora che la squadra di "Metti il Mediterraneo a tavola" è "ben formata" non resta che decidere il menu e fare le prove.

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Link tra Basilicata, Etiopia ed Eritrea


E' arrivato il giorno delle prove generali. Le "maestre" eritree sono molto felici di poter condividere una porzione della loro conoscenza culinaria alle nuove amiche. E' un giorno in cui non si sentono indicate perché sono venute qui a prendere ma perché sono venute a dare. Avere la possibilità di "nutrire" l'altro è importante quanto "essere nutrito".


Le donne si intendono a sguardi o a gesti, le volontarie ADA intuiscono sempre l'ingrediente necessario e si rendono conto che "questi piatti africani" si preparano come quelli che hanno sempre preparato. L'unica differenza: la montagna di cipolla e di spezie che genera quel caratteristico profumo che ha la cucina africana. Un tocco di berberé (una miscela di spezie tra cui peperoncino, zenzero, coriandolo, chiodi di garofano...) e puoi immaginarti di attraversare Asmara e approfittare di qualche punto ristoro della capitale eritrea.

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Yergalen e Gina


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Tsighana e  Fekadu con Lucia


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Yergalen con Concetta e Maria


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Lucia e Gina

La squadra apre i lavori: il più preoccupato è chef Rocco. Teme che l'enjera sia troppo difficile. Dopo averne visto la preparazione, i timori di Rocco si placano e si accorge che il procedimento è molto simile alla preparazione delle crêpes. Poi esclama: «Si ha paura solo di quello che non si conosce!». Ed ora, grazie a Yergalen, Tsighana e  Fekadu non solo conosce tre amiche in più ma anche una tradizione gastronomica nuova.

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Rocco e Yergalen


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Rocco e Yergalen

L'enjera è il piatto base della cucina etiope ed eritrea. Svolge tutte le funzioni del "nostro" pane ma ha anche quella di fungere da supporto degli alimenti. L'enjera è fatta con farina di teff, e si consuma mentre si mangiano le carni, le verdure o i legumi di cui essa è cosparsa. Rigorosamente con le mani! 

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enjera

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L'enjera è pronta. Ora si passa al piatto forte del menu: lo zighinì. Il piatto delle grandi occasioni nelle famiglie etiopiche ed eritree. E' piatto unico e lo si mangia tutti insieme. Un unico zighinì per tutti i commensali: ciascuno strappa un pezzo di enjera con le mani, con questo lembo di pane afferra la carne, i legumi e le verdure che sono al centro e se lo infila in bocca. Così mani amiche e di diverso colore, spezzano il pane e portano alla bocca tutti insieme! E io ricordo le parole di Gandhi quando sussurrava al mondo che: "Ci sono persone nel mondo così affamate, che Dio non può apparire loro se non in forma di pane".

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