Di che pasta sei? pasta lucana!
E' arrivato San Gerardo e con Lui anche il pranzo dei "Portatori" di Potenza. Il 29 maggio, lungo i vicoli di Via Pretoria si propaga un'invocazione culinaria al Santo, che sembrerebbe quasi un rito di fertilità. Tra tutte le delizie e le tipicità non può mancare la pasta, quella "di casa" ovvero fatta a mano. L'inno della gastronomia del potentino in tema di pasta e tradizione sono gli "strascinat" : un formato di pasta di semola di grano duro, appartenente alla famiglia delle orecchiette, che si ottiene "strisciando" con le dita i piccoli pezzi di pasta su una tavoletta di legno incisa con varie forme geometriche chiamata "cafaruoccl" (prende il nome da un altro formato di pasta simile a uno gnocco detto "ruoccl") e frutto della maestria di artigiani che, da sempre, hanno contribuito alla costruzione del "mito" della pasta fresca lucana.
Se l'utensile che serve a creare la pasta è magico, figuriamoci la pasta! Carmela Gerardi, delegata del Club del Fornello di Potenza, un'associazione che cerca cura e tramanda tutta la gastronomia lucana, racconta di come alcune nonnine si attengano ancora al vecchio rituale di indovinare il sesso dei nipoti tramite la pasta di casa. L'antropologo Giovanni Battista Bronzini scrive: "al genere dei metodi fondati sulla posizione che assumono certi oggetti appartiene quello, riferito dal Pasquarelli, per cui oggetto dell'osservazione è la pasta ri casa, che ha grande importanza ne la vita economica della famiglia e dovea pure altra acquistarne, perché serve ad indovinare il sesso: così quando si mettono a bollire nella caldaia li maccaruni a lu fusidde, se proprio nel momento dell'ebollizione uno solo vien su, s'avrà maschio".
Le donne d'un tempo, quasi sacerdotesse di un fuoco sacro, filavano pasta come si fila la vita, così nascono i "Ferretti, Fusilli, Minnicchi, Minuich, Firricieddi, Firzuli" ovvero dei fusilli fatti originariamente con fili di giunco e in un secondo momento con un filo di ferro. Utensile quest'ultimo che si aggiunge all'altra parte dell'artigianato lucano nato intorno alla pasta, quello del ferro: abbiamo la "rasulecchia", la spatola, la "rutella" per tagliare la pasta a zigzag e la "grattabilbant" ovvero una grattugia per creare una speciale pasta fresca dal formato molto piccolo e irregolare , i "bilbant" appunto. Un'altra specie di filatura magica si ha con le "Manate": un tipo di pasta non forata la cui bravura consiste nell'arrotolare lunghi e corposi "vermicelli" e schiacciarli tra le mani, in una specie di filatura tra le dita il cui segreto è la sottile polvere bianca che permette di non farli attaccare gli uni agli altri.
Tra i primati della pasta lucana non possono mancare le "Lagane", forse il nome che indica meglio l'antichissima origine della pasta lucana. Laganum e Laganon erano le lasagne del mondo greco e latino: i chicchi dei cereali venivano frantumati e poi macinati, la farina così ottenuta veniva impastata con acqua per ottenere sottili sfoglie da cuocere su pietre roventi. La tradizione lucana della pasta ha conservato integralmente la ricetta originaria che prevede solo semola di grano duro, acqua e sale per fare qualunque formato. Le aggiunte praticate nel Settentrione d'Italia, in particolare le uova, sono diventate poi le lasagne di oggi, le pappardelle, le fettuccine e affini.
Il più particolare formato di pasta lucana per storia e ingredienti è il Mischiglio, la "summa" della tradizione firmata Basilicata. E' tipico di quattro comuni del Parco del Pollino, Calvera, Fardella, Teana e Chiaromonte, che si possono percorrere proprio come una "via del mischiglio". Lungo queste strade l'impasto della pasta fresca è fatto con un misto di farine di cereali e legumi, ceci, orzo e fave mischiata alla farina “Carosella, grano tenero e alla farina “Senatore Cappelli” grano duro. Questa ricchezza di varietà di frumenti e qualità di grani lo rendeva un piatto esclusivamente per ricchi o nobili, non proprio per la maggioranza di contadini, braccianti e pastori lucani. Il mischiglio ha avuto così un processo inverso alla tradizionale gastronomia lucana: da piatto borghese è diventato "piatto povero" per poi tornare, in base alle tendenze attuali, piatto ricercato da palati che assieme al sapore vogliono gustare l'autenticità storico-culturale del territorio che lo ha generato.
Un mio pezzo pubblicato su una nuova free press di Potenza e del Sud:
Suothern Magazine del 19/05/2017
Commenti
Posta un commento