Dalla Basilicata alla Valpadana: il Provolone che unì l’Italia e il Mediterraneo

Cestino di Provolone Valpadana DOP con risotto all'Aglianico del Vulture DOCG


Può un provolone fare ciò che non riuscì a fare la politica, gli eserciti o il princeps? Può sembrare una fantasia di quelle che arrivano a tavola, durante un allegro convivio, eppure fu così che il provolone unì la Basilicata e la Padania. A ridosso della più grande insurrezione lucana contro il potere costituito, quella che storicamente viene definita “brigantaggio post-unitario” e che avversò la neonata Italia unita, realizzata dai Savoia, due fratelli lasciarono la Basilicata, raggiunsero il nord e, con il loro formaggio, “filarono” una via comune e d’unità tra il popolo ribelle e il sovrano. In quei giorni i pionieri lucani posero la prima pietra di quello che oggi è il Provolone Valpadana DOP, una specialità Made in Italy a Denominazione d’Origine Protetta dal 1996


Il Provolone Valpadana: una storia che inizia dal Caciocavallo lucano

Era il 1874 quando i fratelli Margiotta di Muro Lucano arrivarono a Brescia e aprirono il primo caseificio di caciocavallo, ovvero il capostipite delle paste filate, una tecnica di produzione casearia tipicamente meridionale. Nel libro “Il mondo dentro un assaggio. I valori del Provolone Valpadana DOP” (Sagep Editori, Genova, 2020), riprendendo le ricerche di Elia Savini (“I formaggi di pasta filata”, 1937), si può leggere testualmente:

«Il 1874 si può considerare l’anno che, a opera dei fratelli Margiotta di Muro Lucano con l’istituzione nel Basso Bresciano di una fabbrica di caciocavallo, si è iniziato il trapianto del Caseificio meridionale in quello settentrionale (…) I fratelli  Margiotta trasferiti da Muro Lucano a Borgo San Giovanni, in provincia di Brescia, insegnarono ai casari lombardi, dediti allora solo a fabbricare grana e stracchini, come si lavora la pasta filata, e cioè quella specie di fibra tessile alimentare che, ritorta e avvolta su stessa, crea tutta una serie di formaggi dalle forme strane e dai nomi pittoreschi, dal provolino, al pancettone, dal silano al sette spicchi di Sorrento»

Cestino di Provolone Valpadana, Aglianico del Vulture e
 Il mondo dentro un assaggio. I valori del Provolone Valpadana DOP” (Sagep Editori, Genova, 2020)



Sempre la stessa fonte riporta uno stralcio dell’Enciclopedia Bresciana (Edizioni “La Voce del Popolo” Brescia, 1991) che alla voce “Margiotta Alessandro” scrive: «nato a Muro Lucano nel 1846. Di Alessandro e di Maria Tomasoni. Industriale caseario. Arrivato a Brescia nel 1874, aprì un caseificio e fu il primo a fabbricare in Lombardia il caciocavallo. Nel 1891 il suo caseificio lavorava non meno di 30 ettolitri di latte al giorno, e produceva circa 100.000 kg di formaggio e 10.000 kg di burro l’anno. Ebbe un’azienda ad Acqualunga, frazione di Borgo San Giovanni. L’industria fu poi molto sviluppata da Domenico (nato a Gravina nel 1835) e da Alessandro (nato a Soncino nel 1904)»

La pratica della “filatura” per la produzione di formaggi a pasta filata, infatti, è una tecnica che attraversa il Mediterraneo, partendo dall’Anatolia e arrivando nel Sud Italia, probabilmente, sotto l’Impero Bizantino. Nell’evoluzione del termine dell’antenato del provolone, ovvero il caciocavallo, si potrebbe individuare il viaggio di questa tecnica: si parte dal turco Kaskaval e si arriva all’albanese Kackavalli. È proprio il nome albanese che ci riporta in Basilicata, dove dalla fine del XIV secolo cominciarono a stanziarsi numerose comunità albanesi, delle quali ancora sopravvivono interi paesi di lingua arbresh e di cultura greco-ortodossa. Tra questi una delle comunità più nutrite era ed è nell’area nord lucana, la zona del Vulture-Melfese, a soli 41 km chilometri da Muro Lucano.

Viaggio e variazioni della parola "Caciocavallo"
dalla Turchia, alla Bulgaria, alla Romania, all'Albania, poi nel Sud Italia e infine nel Nord Italia


Purtroppo la perizia e la qualità dei formaggi a pasta filata non fu capita subito. All'Esposizione Universale di Parigi del 1878 il caciocavallo fu definito dalla giuria come il "segnacolo della barbarie delle Province meridionali" a causa del suo “lordo” metodo in quanto affidato alle mani sudate del pastore. Le stranezze della storia: ciò che un tempo fu visto come difetto, ora è il più grande pregio del Provolone Valpadana Dop e del suo antenato lucano. È un formaggio totalmente artigianale, frutto di tecniche millenarie e di saperi tramandati di generazione in generazione, una “tessitura” che ha attraversato il tempo e lo spazio e ne ha “filato” l’unità di un popolo: il popolo del Mare di Mezzo, il mare che unisce anziché dividere.

Ciò che non è diviso può solo crescere: i fratelli Margiotta andarono a Nord in cerca di grandi quantità di latte e lanciarono così il seme della crescita del caciocavallo, che differisce dal provolone solo per una questione di peso e di forma. Il peso del caciocavallo varia da un minimo di 1 kg a un massimo di 2,5 kg, con una forma “a pera” o “a fiasco”, proprio come il tradizionale podolico lucano. Il Provolone Val Padana può arrivare fino a 100 kg e ha una varietà di forme, ciascuna con una sua propria denominazione (a salame, a mandarino, pancetta, pancettone, mandarone…). Senza i Margiotta della Basilicata il Provolone Val Padana DOP non sarebbe nato, ma senza l’abbondanza di latte del Nord Italia non si sarebbero mai prodotti grandi formaggi capaci di invecchiare e maturare fino a diventare piccanti ma non secchi. La piccantezza, infatti, nel Meridione era possibile solo per formaggi piccoli e secchi da grattugia. 

Choose your taste sweet or spicy
(Progetto per il riconoscimento dei prodotti a marchio europeo di qualità promosso dal Consorzio Provolone Valpadana  DOP)



In questo viaggio tra secoli e genti diverse la cosa più “buona” è proprio il retrogusto che lascia il Provolone Valpadana: la dolcezza di tante storie e luoghi diversi e la piccantezza di un unico grande luogo, il Mediterraneo. Così oggi si può scegliere tra un Provolone Valpadano dolce, fatto dal caglio liquido del vitello e con breve/media stagionatura, e un Provolone Valpadana piccante, fatto dal caglio in pasta di agnello e/o capretto e con media/lunga stagionatura. 

Questa lunga storia trova l'acme con la campagna “Choose your taste sweet or spicy” è il progetto per il riconoscimento dei prodotti a marchio europeo di qualità tramite una comunicazione e sensibilizzazione di un consumo consapevole e soddisfacente, di cui il Provolone Valpadana  e il suo Consorzio sono tra i testimoni.

Per omaggiare la doppia scelta del Provolone Valpadana, dall’anima un po’ lucana, ho scelto di preparare una ricetta che “contenesse” tutta l’antica storia della Basilicata in un cestino di intreccio padano:

Cestino di Provolone Valpadana con risotto all’Aglianico del Vulture

porzioni per 4 persone:

300 g di riso
500 ml di brodo vegetale
1 cipolla bionda
100 g di burro
250 g di Aglianico del Vulture DOCG
500 g di Provolone Valpadana DOP piccante
Sale 
Pepe nero

Cestini di Provolone Valpadana DOP con risotto all'Aglianico del Vulture DOCG 



Procedimento

Per i cestini:

  • Prendere un bicchiere o una ciotolina, rivestirla di carta da forno e metterla capovolta su un ripiano. La parte inferiore servirà per dare la forma al cestino.
  • Riscaldare una padella dal diametro piccolo, versarci due cucchiai di Provolone Valpadana grattugiato e stenderlo sull’intera base, aiutandosi col dorso del cucchiaio. Fare sciogliere fino a quando non si vede una leggera doratura. Sollevare la cialda con una spatolina, facendo attenzione che non si rompa e non si raffreddi, e stenderla sulla ciotolina capovolta e avvolta nella carta da forno, in modo da darle una forma concava. 
  • Lasciare raffreddare per 10 minuti, toglierla con delicatezza e rifare lo stesso procedimento per gli altri cestini.
Per il risotto:

  • Portare a ebollizione il brodo con 100 ml di Aglianico del Vulture. 
  • Far soffriggere la cipolla ben tritata nel burro, sfumandola con 50 ml di vino fino a evaporazione. A parte tostare il riso in un tegame abbastanza capiente e dai bordi alti, poi aggiungervi il soffritto di cipolla col burro, versarci altri 50 ml di vino e far evaporare. Poi cominciare col primo mestolo abbondante di brodo. 
  • Aggiungere lentamente altri mestoli di brodo fino a cottura del riso. Spegnere il fuoco e mantecare con quel che resta dell’Aglianico del Vulture e del Provolone Val Padana. Infine, riempire delicatamente i cestini di riso e servire. 
La Basilicata, il Provolone Valpadana e un cestino di riso per ricordare quanto diceva Leo Longanesi: “Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola”.

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