Nido di strega, la magica Tuscia da Mangiare

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Nido di Strega

 

Come appena posai il piede oltre le mura di Tarquinia, sentii una folata di vento alzarmi la lunga gonna. Avvolta da nenia ipnotica, mentre un soffio spiraliforme avvolgeva le gambe e le spingeva in un cammino segnato solo da simboli esoterici e forti vibrazioni sensoriali, continuai ad andare. Entrai nel mistero. Il mistero degli Etruschi. Sentii riecheggiare le parole di Tagete quando consegnò l’arte della divinazione al popolo prescelto: la rivelazione della disciplina etrusca, quel complesso di norme che regolano i rapporti fra gli dèi e gli uomini.

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Tarquinia esoterica, primavera 2017

Come ho aperto la mistery box, arrivata per la partecipazione al contest dell’Associazione Italiana Food Blogger (AIFB) finalizzata alla gara gastronomica del “Divin Mangiando in tour”, ho avuto nuovamente la sensazione di essere avvolta da quel vento spiraliforme e misterioso che mi aveva ipnotizzata nella visita di Tarquinia. Tagete, “Tomba Bartoccini”, simboli esoterici, Bomarzo e i suoi mostri di pietra, Santangelo di Roccalvecce e le sue fiabe, Civita di Bagnoregio e la sua visibile morte e, soprattutto, il Bosco Esoterico di Montecchio a Bagnaia con le sue streghe: ecco la formula magica che alita dal mio “Nido di Strega”. 


Nido di strega


Tuscia: incanti per la psiche 

Il primo fu Tagete, il semidio della rivelazione, poi vennero sacerdoti e sacerdotesse col compito di tramandare le segrete leggi che regolano i rapporti tra la divinità è l’umanità. Un codice segreto fatto di simboli, rituali che evocano i cicli della natura e la sua “sim-patia” per la creatura che conosce la “parola”, la formula magica capace di lacerare il velo del tempo e conoscere cosa accadrà domani. Il mistero degli Etruschi, il loro fascino e il loro incanto di secoli, potrebbe essere proprio la loro arte divinatoria? E quali magiche creature sono in grado di vedere oltre il presente se non le streghe? 

Nella Tuscia tutta e, in particolar modo, a Bagnaia, la stessa che abbraccia anche la rinascimentale Villa Lante, da sempre si narra di Atala, Malassunta, Manul, Uri e la loro regina Isotta. Donne capaci di volare e di combattere. Sono i nomi conosciuti delle Streghe di Montecchio, ovvero dell’estrema propaggine dei Monti Cimini. Bellissime e spietate, vestite solo dei loro capelli, dominavano e difendevano il loro bosco incantato da qualunque oltraggio alla natura e alla piana del Montecchio. Malassunta era la più selvaggia e vendicativa tra le sorelle e a lei spettò il compito di punire gli abitanti dell’antica Bangaria quando, nel 963 d. C., decisero di edificare il borgo alle spalle del Montecchio invece di guardarlo “negli occhi”. Guidate da Malassunta, le “Figlie della Luna” accesero un grande fuoco sulla piana, si sciolsero i lunghi capelli e cominciarono a danzare intorno alla pira. Dalla piana di Montecchio cominciarono a salire bagliori luminosi accompagnati da canti e incanti ipnotici: il fumo del fuoco portò l’eco delle magiche formule cantate dalle streghe in paese e tutti gli uomini ne furono sedotti e “affatturati”. Cominciarono a lasciare le proprie case e le proprie mogli per correre dietro il fascino dei canti e arrivare fin nel bosco. Arrivati nell’oscurità del bosco, la luna piena illuminava solo quello che, successivamente, le leggende locali avrebbero definito  come “trono della regina Ippolita”. Lì si fermarono, si inchinarono e onorarono la Luna con le figlie.

Nel 2007 la leggenda delle “Streghe di Montecchio” si fa più concreta e meno fiabesca. La studiosa Pier Isa della Rupe e suo marito, cittadini di Bagnaia, ricostruiscono dieci anni di documenti, ricordi, testimonianze orali e scritte, leggende e tradizioni per individuare i religiosa loca delle Figlie della Luna, tra cui anche il trono della loro regina. 


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Nido di strega


La leggenda si annoda ancor più forte alla storia se, come alcuni hanno ipotizzato, la presenza di queste donne, sapienti e autonome tanto da essere “streghe”, sia collegata alla presenza fin dal XV secolo di un ordine monastico femminile. La costituzione di una sezione femminile di "Disciplinatrici" era una novità assoluta nel panorama confraternale delle istituzioni cattoliche. Le Disciplinatrici di Montecchio avevano fin da subito assoluta libertà d’azione di luoghi e risorse finanziarie utili alla gestione della propria comunità. Ci si potrebbe chiedere: è stata la presenza delle Figlie della Luna a rendere possibile il ruolo e il potere inusuale delle Disciplinatrici? O la leggenda delle Streghe di Montecchio nasce proprio dalla presenza storica di donne sapienti e autodeterminate quali le Disciplinatrici? Io tifo per la prima ipotesi.

Sempre nel passato e sempre a Bagnaia, troviamo un’altra “strega” e un altro confine tra storia e leggende della Tuscia. Era il 20 febbraio del 1528 quando Pucciarella salvò il suo paese dall’occupazione dei Lanzichenecchi di Carlo V. Dentro le mura non erano rimaste che donne, vecchi e bambini, poiché gli uomini erano tutti arruolati nelle truppe del cardinale Egidio da Viterbo. La sorte o la Storia richiedeva ancora una volta il contributo delle donne, che, invocando la Madonna de La Quercia, si prepararono alla battaglia con le armi di cui disponevano: il loro coraggio e i loro attrezzi da cucina. Tra queste donne forti e volitive emerse una paesana, una giovane passata alla storia come Pucciarella, colei che dalla torre scagliò un matterello proprio sul capo del comandante dei mercenari. Lo ammazzò sul colpo e questo provocò lo sbandamento della marmaglia. Bagnaia fu salva.

A ricordo dell’impresa furono affisse sulla torre del 1221, protagonista assoluta della piazza principale, una targa per commemorare l’evento e un busto marmoreo raffigurante quelle che si credono essere le fattezze della salvatrice. Dal 1528 in poi, ancora oggi, il secondo giorno dopo la Pasqua, i bagnaioli affrontano la processione verso il Santuario della Madonna de La Quercia per ricordare e ringraziare la libertà che Pucciarella donò ai suoi concittadini.

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Targa in onore di Pucciarella e della sua impresa che salvò la libertà di Bagnaia

Il matterello di Pucciarella, il volo, il canto delle Figlie della Luna e tutte le storie delle donne che son diventate leggenda, perché mai scritte su documenti ufficiali, hanno ispirato il mio “Nido di strega”. Spero che qui possano covare i propri sogni e la propria indipendenza per far schiudere agli occhi del mondo intero il loro valore e la loro capacità di trasformare la realtà: la vera magia!

Tuscia: incanti per il palato

Una ricetta è una formula che “mette in cottura” ingredienti storico-culturali con quelli ambientali e alimentari prodotti da uno specifico territorio: anche il mio “nido di strega” nasce alla stessa maniera, un tentativo di rappresentazione sintetica di una storia e di un luogo. La storia è quella delle streghe della Tuscia, il luogo è quello che si può assaporare attraverso i suoi migliori prodotti. 
La mistery box a mia disposizione era piena di prelibatezze: olio evo “Presciuttini”, sfarinato di farro “La Turchina”, pelati “Valentini” e salsa “Giorgini”, patate e mandorle “Centrale Ortofrutticola di Tarquinia”, tre vasetti di creme “Semina” a base di zucca e carciofi, miele “Ercolani”, lenticchie “Perle della Tuscia”, aceto di kiwi “L’agro del kiwi”, crema di nocciola “Nativa”, olio nocciole di Luca di Pietro, vino Tosoni, gel dolce al tartufo Lafrutta, e, infine, UmOri di favola “Nesler”.


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Le prelibatezze della mistery box


Di tutte queste preziosità della Tuscia, la cosa che mi ha incuriosita è stata proprio il “cibo vivo” della Nesler. Già “incanto” per il mistero sprigionato dal naming, UmOri di favola, arriva poi la “fascinazione”, che da sempre subisco, per la “magia” del fermentato, e il fatto che questo insaporitore dal gusto umami è una creazione della CibOfficina Microbiotica di Carlo Nesler, traduttore italiano della bibbia dei fermentati "Wild Fermentation" di Sandor Katz. Tutti questi ingredienti hanno creato il mix perfetto per la mia ispirazione. Come usare da crudo “UmOri di favola” per beneficiare, non solo del sapido umami, ma soprattutto del salutare rinforzo al microbiota è stata la grande sfida da cui sono partita: liberare la fiabesca strega e le sue magiche pozioni ricavate dagli altri ingredienti della mistery box.

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UmOri di favola, Nesler


La soluzione è arrivata dallo sfarinato di farro dell’azienda agrobioLa Turchina”. Anche questa azienda ha una storia che parte dal 1800 e dalle Marche, quando il bisnonno Nazzareno, durante la transumanza, si spinse fin nel Lazio e qui nel cuore di Roma creò la “pizzicheria” per i cinque figli. Da allora la discendenza ha portato avanti il sogno di Nazzareno e l’azienda agricola si è specializzata nella coltivazione dei cereali, in particolare grano duro Senatore Cappelli, poiché le proprietà organolettiche dei terreni di Tarquinia risultano perfette per la crescita e lo sviluppo di un grano duro di eccellente qualità. Dal 2001 La Turchina non solo ha proseguito il suo cammino verso un’agricoltura sana, eco-biocompatibile, di qualità, ma ha cominciato a recuperare antichi cereali del territorio, tra cui soprattutto il farro. Si deve proprio al farro Spelta l’inserimento de La Turchina  nella Guida ai Ristoranti d’Italia del quotidiano   La Repubblica, dopo l’apprezzamento per il suo sapore pieno, la sua facilità di cottura, la sua duttilità nell’essere combinato con i più diversi condimenti, ottenuto alla manifestazione “Cibus” Roma 2007. Da questo farro antico recuperato nasce il “nido” delle volanti “Streghe di Montecchio”.

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Sfarinato di farro , La Turchina


La consistenza rustica e soda della pasta non deve perdersi in sughi troppo liquidi o complessi. Bisogna accoppiarla con qualcosa di delicato, morbido e sapido per esaltarne tutte le caratteristiche organolettiche. Il letto di crema di pecorino dona un aroma caratteristico, leggermente piccante e salato, anche grazie alla sua texture morbida e spalmabile. Ora ci vuole una cima ancora più cremosa e delicata, ovvero la crema di ricotta. Una crema normale? no, una crema con una piccola magia retronasale: olio di nocciola e spolverata di umami ovvero di UmOri di favola! 

L’olio di nocciole di Luca di Piero dà alla crema di ricotta una “personalità” inattesa per un formaggio così delicato. La nocciola tostata varietà gentile romana, nocchione e rosa nasce proprio sui monti delle streghe. La Nocciola dei Monti Cimini è un prodotto antichissimo della Tuscia, si presume che, soprattutto la cultivar locale “Tonda Gentile Romana”, fosse presente in questo territorio fin da epoca romana, poi nel XV secolo se ne hanno notizie storiche, fino alla DOP del 2009. 

L’azienda agricola di Luca Di Piero, agricoltore a tutto tondo, dal campo al barattolo (di creme) e alle tavole (di splendido torrone), coltiva e trasforma le nocciole prodotte nella sua azienda. Un ciclo economico chiuso e a km 0 ma soprattutto una grande attenzione dalla vita delle piante, a partire dal dosaggio dell’acqua nei noccioleti, fino alla tostatura e alla perfetta fluidità delle creme. Il lavoro di Luca Di Piero è tutto puntato alla qualità, sia dal punto della pulizia e intensità dei sapori che da quello della cura per la composizione e la purezza dei prodotti. Tutta questa cura è la sorpresa che scorre aurea sulla bianca ricotta.


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Olio di nocciola, Luca di Piero

Ultimo tocco di magia sul nido di strega non poteva non essere che la “mandorla della Tuscia” della Centrale Ortofrutticola di Tarquinia (Soc. Coop. Arl). Tale varietà di  mandorla è riferibile ai semi dei frutti della specie Prunus Dulcis, un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rosaceae e al genere Prunus. La mandorla tipica viterbese è quel croccante che, sotto i denti, esalta ancor di più la morbidezza, la rusticità, la sapidità e l’umami di un nido di streghe da paura


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Mandorla della Tuscia, Centrale ortofrutticola di Tarquinia


Nido di strega, la ricetta

Per gli spaghetti alla chitarra:

80% di sfarinato di farro

20% di farina forte (300/320 W o 13 g PROTEINE * 100 g)

1 uovo per ogni 100 g di farina

Sale q. b.


Creme per 4 porzioni:

- letto di crema di pecorino: si parte da una besciamella (fatta in casa o comprata) a cui si aggiunge, a fuoco spento, del pecorino romano grattugiato fino a ottenere una crema più o meno densa (a seconda del gusto) e filante. Il pecorino va mescolato bene con una frusta a mano.

- crema di ricotta da versare sulla cima del nido di strega:

250 g di ricotta (meglio se di pecora)

Pepe nero q.b.

UmOri di Favola Nesler q. b. 

Olio di nocciole 

200 g di granella di mandorle 

Acqua di cottura degli spaghetti q. b.

La crema di ricotta, facilissima e rapidissima, va preparata mentre cuociono gli spaghetti di farro poiché serve l’acqua con amido e sale della pasta: metti la ricotta in una ciotola e, lentamente, versarci l’acqua di cottura finché non sarà ben amalgamata fino a diventare una crema.

Partiamo dall’impasto per gli spaghetti, cosa fondamentale è la tenuta della sfoglia per lavorarla, senza strappi, sulle corde della “chitarra”: uno strumento dell’artigianato abruzzese che nasce dall’idea di un telaio e si trasforma in una lira, anzi in una chitarra per tagliare sfoglie di pasta. Un uovo per ogni 100 g di sfarinato di farro ci farà legare l’impasto, conferendogli elasticità e resistenza, caratteristiche essenziali per poi lavorarlo sulle corde della chitarra, dopo aver deciso le dimensioni degli spaghetti e aver “accordato” (teso) le corde il più possibile con un coltello robusto. I nostri spaghetti di farro avranno una consistenza più rustica, con una lieve granulosità in grado di reggere bene le creme, e una soda consistenza al palato.

Prendi un contenitore abbastanza capiente, versa la farina e forma una specie di vulcano nel cui “cratere” svuotare le uova e aggiungere un pizzico di sale. Mescola con energia fino a ottenere una sfera liscia e senza grumi, poi avvolgila nella pellicola e lasciala riposare almeno 30 minuti: il riposo è fondamentale per la legatura degli ingredienti. Quando riprendi l’impasto, ne devi tagliare un po’ alla volta, il giusto per ricavare una sfoglia che possa essere tagliata sulla chitarra. Dopo aver ben steso il pezzo da ridurre a spaghetti, adagialo sulle corde e, lentamente con la dovuta pressione, usa il mattarello per farlo aderire bene alle corde e tagliare l’impasto. Procedi fino a conclusione. Se non hai uno stendi pasta per gli spaghetti, puoi adagiarli su un tavolo ben separati tra loro e con una grande spolverata di semola per non farli attaccare.


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chitarra con stendi pasta e spaghetti di farro

Quando bolle l’abbondante acqua salata, versa gli spaghetti e aggiungi un goccio d’olio per tenerli separati anche in pentola. Mentre la pasta cuoce, inizia a preparare le creme, che devono essere più o meno sincrone alla cottura degli spaghetti. Con un cucchiaio prepara il letto di pecorino su ogni piatto, poi, avvolgendo gli spaghetti scolati in un mestolo, in modo da crearne una forma rotondeggiante con una piccola punta, realizza il tuo nido da adagiare sulla crema. Infine, versa la crema di ricotta sulla cima, spolvera con pepe e UmOri di Favola Nesler per sapidità e profumi, versa un cucchiaino di olio di nocciole per maggiore morbidezza e un ricco flaveur. Croccante in fundo, aggiungi le mandorle tritate a granella…il tuo magico nido è pronto per scomparire in un boccone! Non dimenticare di accompagnarlo con  la freschezza e lo speziato del Vespertino R Pantano Rosso Tosoni, per accentuarne la delicatezza ma anche la rusticità, perché ha ragione Emil Cioran, "Vivere significa subire la magia del possibile"




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Nido di strega






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