Come si può "istigare" la Bellezza e condurla lungo tutto lo stivale italiano? La scrittrice, performer e intellettuale Antonella Pagano, nonché cara amica di vite passate e future, ha ideato un canale, che ha il sapore del Risorgimento e dei suoi Caffè: un Foglio su cui far confluire le esperienze e i pensieri di un gruppo di pensatori- operatori del Bello: "Il cantiere della Bellezza". Tra questi, Antonella ha voluto anche me e per questo mi sento onorata e la ringrazio. Sono quella al centro con la mia "mela magica", reinterpretata dall'AI a metà strada tra Eva e Biancaneve, tra l'amore per il sapere e il fascino per l'incantamento. Le altre penne sono:
In basso a sinistra il presidente ENIA intelligenza artificiale;
In alto a sinistra il Conte PIOLA Caselli famiglia storica imparentata con grandissimi nomi italiani;
In alto a destra Aurelio Bettini poeta anch’esso blasonato già sindaco di Morcone;
In alto in bianco Caterina LAMANNA che ha già aperto 3 scuole e 3 ospedale in Africa;
In blu Marina SONZINI una dei 3 top manager d’Europa, critico d’Arte ed altro ancora;
A sinistra con l’indice Antonella SOTIRA avvocato-presidente del Salotto letterario giuridico;
Alla mia destra Avv Carlotta Ghirardini Salotto Cadmo e Armonia;
Con la chitarra la Prof. Santa Cecilia Simonetta Camilletti musicista anche della Treccani;
Col cappellino Mariu’ Safier già RAI.
Tutti gli Istigatori di Bellezza.
Per "istigare" la Bellezza, io ho voluto parlare di cibo e parola: un'estetica per nutrire corpo ma soprattutto "spirito". Ecco qui riportato il mio piccolo contributo:
Dalla Masticazione alla Metafora: L'Estetica del Nutrire e del Narrare
Inspirazione ed Espirazione.
Yin e Yang. Ricettivo e Attivo. Zero e Uno. Il “respiro” dell’universo, e di ogni creatura o creazione, prima “entra” e poi “esce”. La creatura umana respira come l’universo a cui appartiene, ma per farlo deve ripercorrere quotidianamente un altro movimento IN e OUT: mangiare e narrare. Il
cibo "entra" e viene "assimilato", non solo biologicamente, ma culturalmente. Questa assimilazione genera un senso di pienezza che cerca una via d'uscita espressiva: la
parola. Da tale “sazietà” l’umanità, da sempre e per sempre, parte per il viaggio più bello:
dalla manducazione alla metafora.
Il cibo, quando buono e sano, è il risultato finale di un gesto sacro (sacrificio) o d’amore: l’ ἔργον, ovvero l’opera creata per nutrire, è una performance che trasforma la materia esterna in parte di sé. La materialità entra e nutre la materia ospitante, portando con sé tutti i significati simbolici con cui è stato pensato, elaborato e offerto alla bocca da sfamare. Il gesto che ha “partorito” il pasto si smaterializza e fluidifica fino a diventare impalpabile ἐνέργεια (energia) ovvero inarrestabile attività. Un’attività che non si vede ma si sente: la parola. Di materia in materia, di pasto in pasto, il cibo ribadisce la concretezza ma al contempo la trascende nel valore culturale e sociale che ogni parola porta con sé. Sarà anche per questo che i filosofi e letterati russi del primo Novecento ritengono che l’uomo non possiede la parola come un suo tesoro, ma la trova come dono dentro di sé, nell’insieme dei “semi” (
semema) che costituiscono un significato per quel popolo e in quel tempo.
Se il cibo è incorporazione, la parola è estroflessione. Essa emerge dalla stessa cavità, dalla stessa vibrazione della gola, ma è destinata a lasciare il corpo per prendere forma nel mondo. Il gesto vocale è un rito che crea realtà. Il mangiare è il primo rito per amare e pensare. Il pensare è sempre un parlare. La parola è il Λόγος, il Racconto e la Legge da cui tutto deriva. Il mondo è prima mangiato, digerito (pensato) e poi cantato: la parola è il “senso incarnato”. Il senso del gusto e il significato del Bello che fluiscono da un bere insieme (
simposio) in quanto si vive insieme (
convivio).
Sul confine tra l’incorporazione e l’estroflessione c’è una soglia e col suo guardiano da oltrepassare. Il guardiano è la bocca, l’orifizio attraverso cui avviene la più umana delle alchimie: il suo attraversamento presuppone sempre una trasformazione. La trasmutazione da nutrimento in comunicazione e viceversa si potrebbe definire l’atto poietico per eccellenza: il cibo e il “gusto estetico” del discorso, ovvero la poesia del vivere umano! In questo senso, il piacere del cibo e la conoscenza che la parola veicola sono due facce dello stesso processo: l'essere umano che, attraverso la bocca, interagisce con il mondo esterno, trasformandolo in sé e, a sua volta, è trasformato in significato. Se si fa attenzione a ciò che entra e ciò che esce dalla bocca si può accedere al “buon gusto” che nasce dalla giusta alchimia tra etica ed estetica, tra cibo e bellezza: la cultura. La parola, il sorriso, il brindisi, il bacio: i sacri cosmetici del “respiro” umano.
La grande rappresentazione culturale si esibisce sul palcoscenico della bocca ed è proprio qui che nasce la responsabilità estetica: scegliere ciò che ingeriamo per nutrire e onorare il corpo significa ottenere la consapevolezza per scegliere ciò che proferiamo (comunichiamo) per onorare e nutrire l’anima e la comunità in cui viviamo. Questa scelta non è mai un monologo ma sempre un dialogo tra l’interno e l’esterno - un prezioso equilibrio tra la salute del corpo e la sincerità del discorso.
E allora brindiamo al pane, alla convivialità e alla bellezza, cercando tra le parole il seme dei nostri bocconi!
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| prima pagina de "Il cantiere della bellezza" |
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| seconda pagina de "Il cantiere della bellezza" |
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