La minestra è maritata: un matrimonio del Sud

 

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minestra maritata

 

Un piatto tipico del meridione d’Italia mi ha sempre “incantata” per il suo nome: “minestra maritata”. In un aggettivo tutta la storia di donne tra uomini o uomini tra donne. Tu penserai: che esagerazione! Può darsi, ma io credo che in un sostantivo con aggettivo si sia svelato il segreto del maschile e del femminile a tavola: l’armonia degli opposti o l’equilibrio perfetto tra l’acqua e il fuoco, la proteica resistenza della carne e la vellutata accoglienza della verdura. E che sia rigorosamente selvaggia, la verdura!

Nella minestra chi è la sposa? Sono le “foglie”, come si dice a Sud, quelle che nascono spontaneamente nei campi, le “erbe sperse”. Sono quel che oggi si chiama foraging, con una strana assonanza all’italiano “fuori”, per campi e boschi. Ogni regione o provincia meridionale ha la sua “minestra maritata” ma ciascuna ha un’erba selvatica che la caratterizza. La caratteristica della Basilicata è la barba del finocchietto selvatico. E devo dire: proprio il finocchietto è l’aroma più persistente, la nota di fondo.


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bietole, cicoria e barba di finocchietto selvatico


La verdura si “marita” alla carne. L’elemento forte, il proteico, quello che invade ogni interstizio vegetale e invade il brodo col suo velo lipidico. La carne, croce e delizia!

La verdura e la carne: un po’ come la donna e l’uomo. Nella storia dei due innamorati sicuramente la donna è stata quella che andava per boschi e poi modellava ciotole per cuocere, anzi “bollire” la minestra. L’uomo andava a cacciare le belve selvagge e poi le “arrostiva”. Così fu e così è ancora oggi. Facci caso: chi trovi dietro i fornelli tra pentole, sughi e coperchi? La donna. E chi trovi più spesso a rigirare l’arrosto e stendere bistecche sulla griglia? L’uomo. Non sono ruoli sociali o stereotipi culturali. Sembrano essere la fisiologica conseguenza di un equilibrio gastronomico: l’accoglienza del tenero vegetale e l’energia della virile carne.

La fascinazione di questo equilibrio ha colpito tanti altri nella storia. Due mi hanno sorpresa non poco. Giordano Bruno invoca più volte la minestra maritata, chiamandola col napoletano “pignato”, nella sua commedia “Il Candelaio”. Anche “Lo cunto de li cunti” di Gianbattista Basile fa trasparire un certo gusto per il piatto in cerca dell’equilibrio perfetto.

Ogni paese ha la sua minestra maritata, anzi, ogni famiglia fa la propria maritata. Le ricette sono diverse in base ai luoghi, a quello che cresce spontaneamente e in base alla stagione in cui si decide di preparare il piatto. Io, per gustarmi la selvaggia barba del finocchietto e la sua lucanitas, la preparo in primavera-estate. La mia minestra maritata è così:

Ingredienti per 4 persone:

foraging: cicorie, borraggine, finocchietto, tarassaco, grespino, bietole selvatiche, alliaria e acetosa

ortaggi: 1 patata, 1 cipolla grande, 1 carota, 1 costa di sedano, 300 g di cavolfiore o verza

2 pezzi di salsiccia pezzente

Pezzi di gallina (a gusto proprio)

scorzette di pecorino

sale e olio q. b.

La mattina raccolgo cicorie, borraggine, finocchietto, tarassaco, grespino, bietole selvatiche, alliaria e acetosa. Poi lavo e sbollento leggermente il tutto, cercando di lasciare al dente le verdure. Scolo e metto da parte in una ciotola.

Porto a bollore abbondante acqua con dentro cipolla, sedano, carota e sale. Aggiungo la gallina e va bollendo, a fuoco lento, almeno per 60-90 minuti. Infine, immergo la salsiccia pezzente e lascio a “borbottare” per un’altra oretta.

A fine cottura, aggiungo le verdure, il pecorino e lascio per una decina di minuti.

La minestra maritata è pronta per andare in tavola

 

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Commenti

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